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operare nello spazio pubblico/making work in public space
Master Progettare Cultura, Università Cattolica Milano,
su invito di
Gabi Scardi e Ivana Ghilardi
30 marzo 2016
Il contesto, da una mail a Ivana e Gabi, pochi giorni prima:
…..il concetto di valore intorno all’approccio partecipato, per inserire il mio interesse sulla memoria in una piu’ ampia visione ecologica e che si spera si possa evincere da una posizione etica insita nel lavoro.
Mi trovavo ieri a bere un te qui a Cambridge con il sociologo e antropologo Paul Connerton, il quale insisteva sui termini endurance, slowness, silence, pause, waiting: durata/resistenza, lentezza, silenzio, pausa, attesa. Partendo da una riflessione sul senso che questi hanno per me, vorrei introdurre il mio lavoro dal suo interno, e cioe’ il mio modo di rapportarmi agli altri che si basa sul vuoto (gap) lasciato per consentire un interscambio…. Come nel progetto ‘lo scarto’ (2015, Castelvetrano, Sicilia, e Londra UK), in cui mi sono riferita da un lato alla maieutica reciproca di Danilo Dolci, e dall’altro alla memoria proceduale (‘habit memory’) discussa da Paul Connerton (How societies remember, 1989).
Un interesse per l’esperienza della memoria che risale a quando lasciai l’Italia vent’anni fa, ma che ho affrontato in modo cosciente in rapporto ai luoghi nella serie ‘Menmonic Present, Un-folding’ (2004-05), costruendo ‘una sorta di urbanistica della memoria’ (Aurelio Andrighetto).
Il rapporto tra me (il mio lavoro) e gli altri è un punto focale nel mio operare, ed è da sempre alla base di un approccio interdiscipliare e trasversale in cui prendo in prestito strategie e concetti propri di psicologia e sociologia, per elaborare un’ indagine attaverso una practica artistica che ruota intorno al rapporto tra memoria, percezione e spazio/luogo. Da cinque anni in particolare all’interno della piattaforma rockfluid ho affrontato questi temi attraverso progetti site specific e in collaborazione con curatori indipendenti o istituzioni.
Vorrei pero’ approfittare di questa occasione per fare una riflessione che mi permetta di definire un ambito (dai confini necessariamente instabili) per quell’aspetto del processo creativo che mi porta a rapportarmi con gli altri in determinati luoghi, che viene comunemente inteso come public art. E per fare questo vorrei riferirmi ai concetti di: spazio sociale, pratica sociale e pratica spaziale (Henry Lefebvre, Production of Space) ed al processo di attaccamento ai luoghi (Gaston Bachelard). Concetti che cerco di incorporare nel mio lavoro attraverso il dialogo, l’azione e la costruzione di memorie condivise per contribuire a quello che Assman definisce memoria comunicativa (mai tangibile e monumetale) in costante mutamento così come la nostra società attuale.
Questo momento di riflessione fa parte del processo creativo in atto per il mio prossimo progetto, che verrà definito quando sarò in residenza al MuseumQuarter a Vienna tra poche settimane.
relativi riferimenti
Cologni, E., (2016) A Dialogic Approach For The Artist As an Interface in an Intercultural Society. in Burnard, Mackinlay, Powell (Eds). The Routledge International Handbook of Intercultural Arts Research New York, London: Routledge
Cologni, E., (2016) Lo scarto (touch) in #TransActing: A Market of Values, presented by Critical Practice, Camberwell, Chelsea and Wimbledon Graduate School’s Public Programme, July 2015
https://75gropiusartresidency.wordpress.com/2015/10/28/a-modernity-which-forgets-exhibition/